Cerca
Close this search box.

Storicamente lo yen giapponese ha sempre rappresentato lo status di valuta rifugio in casi sopratutto d’incertezza economica ma anche a livello geopolitico.

Di conseguenza la crisi attraversata dal Giappone nel recente periodo, molto lontano dai target d’inflazione e sviluppo commerciale voluti dalla BoE hanno avuto l’effetto contrario sulla valuta locale che è sempre rimasta immune dalle politiche espansive del Governatore Kuroda ed invece di indebolirsi si è di molto rafforzata.

L’apice in questo 2016 è stato raggiunto a giugno con il referendum sul Brexit in Gran Bretagna che con la vittoria del SI ha portato una grande incertezza sui mercati spingendo tutti a rifugiarsi appunti in assets meno rischiosi ed in valute come appunto la moneta giapponese sinonimo di garanzia in momenti di RISK OFF, insieme al franco svizzero altro grande nemico della propria banca centrale.

I vari meeting della Banca del Giappone nel corso del 2016 hanno sempre portato risultati piuttosto scadenti e si è quasi creata una sorta di “antipatia” fra Kuroda e lo yen che ogni volta si muoveva al contrario di quanto auspicato dal governatore locale, il quale nonostante gli sforzi ed i molti stimoli immessi a mercato non è mai riuscito ad ottenere i risultati sperati, anche con interventi diretti sul mercato come la notte appunto del Brexit quando lo yen è scivolosamente sceso oltre la soglia dei 100 per un dollaro americano.

Yen a tutta forza dopo le elezioni di Trump

Anche con l’arrivo del nuovo premier giapponese Shinzo Abe, la situazione non è migliorata in attesa di osservare se il nuovo Governo potesse veramente tendere la mano a Kuroda che già da molto insisteva sul fatto che senza l’aiuto appunto dei governi, le banche centrali avessero ormai le mani legate e le munizioni finite in termini di stimoli.

Questa situazione è simile e paragonabile a quella della BCE dove Mario Draghi si trova costretto ad agire andando a scontentare la Germania, primo vero fulcro dell’Europa per mantenere una politica espansiva che porti al famoso target del 2% d’inflazione, ma senza l’aiuto proprio dell’amministrazione tedesca, le cose si fanno più difficili con risultati molto lenti nel tempo.

Ma ecco per Kuroda e Draghi arrivare il “salvagente” Donald Trump, la cui elezione nello scorso mese di novembre ha letteralmente cambiato il mercato, che dopo un primo crollo per la sorpresa dell’esito elettorale, è ripartito a bomba portando l’azionario a livelli record ed i cambi con yen ed euro, correlati negativamente fra loro nei confronti del dollaro, in due direzioni opposte per la felicità in questo caso di Kuroda che senza praticamente far nulla si è ritrovato il cambio USDJPY a 118, livello accettabile sopratutto per l’export giapponese, basato in particolare su settore motoristico ed elettronico.

La terza economia del pianeta dopo Usa e Cina, finora si era retta sopratutto sui dati occupazionali, con un tasso di disoccupazione del 3%, davvero ottimo e che nonostante l’inflazione si mantenesse troppo bassa era la base su cui far ripartire l’economia nipponica.

yen

Trend YEN: pausa o ritorno di forza?

L’ultimo meeting della BoE del 20 dicembre scorso non ha portato a nessun cambiamento ne suoi tassi d’interesse, rimasti negativi e nemmeno sulla modifica circa l’acquisto di assets. Il famoso tapering che anche la BCE sembrava poter inserire come novità per il futuro, è stato subito scacciato come ipotesi dallo stesso Kuroda, ma ecco che appena pronunciate le parole circa uno yen che ancora dovrebbe svalutarsi a suo avviso e subito la moneta nipponica si è fermata a conferma del difficile rapporto fra i due.

In realtà sia a livello tecnico dove una pausa dopo un trend al rialzo così accentuato era necessaria che sulla base di notizie importanti ormai esaurite, era normale che s’interrompesse questa corsa anche perchè entra ora in gioco un discorso geopolitico importante.

Da una parte l’incertezza ancora relativa alle reali intenzioni di Trump, dall’altra la situazione futura dell’Europa che vedrà un 2017 carico di eventi elettorali dalla Germania, alla Francia fino all’Olanda e probabilmente Italia ed infine la paura per le vicende legate al terrorismo internazionali ed ai recenti episodi a Berlino ed Ankara uniti alla situazione estremamente difficile della guerra interminabile in Siria.

Di conseguenza come possiamo vedere sul nostro grafico weekly, la resistenza sul livello di 118,62 che separa due aree distinte con una trendline ribassista che per ora ha tenuto, è possibile a livello operativo avere un’importante correzione che ci porti ha ridosso delle medie mobili di lungo e medio termine che fornirebbero i primi livelli di supporto dopo una corsa che non ha mai creato una vera e propria base di ripartenza.

A quel punto il susseguirsi degli eventi e la conferma che il dollaro si stia prendendo solo una pausa ci indicheranno come operare con un primo target importante a 121 e la possibilità successiva di risalire ai massimi di 125.

La stessa cosa però può accadere in maniera ancora più amplificata qualora le promesse di Trump in particolare e gli eventi internazionali si rivelassero contrari alle aspettative generando una discesa assai pericolosa come è sempre accaduto allo yen sopratutto nel corso di questo 2016.

Nei prossimi articoli valuteremo anche interessanti opportunità di trading con i cross derivati da USDJPY nei confronti di EUR, CAD e GBP.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.