Le 3 leggi "inviolabili" della finanza

I tre principi fondamentali della finanza offrono una guida essenziale per le decisioni di investimento, aiutando gli investitori a evitare errori comuni e a comprendere meglio la dinamica dei mercati. Questi principi sono presentati come “leggi inviolabili” della finanza, simili alle leggi fondamentali della fisica.

Ecco come i tre principi guidano le decisioni d’investimento:

1. Non esiste un rendimento che non comporti un rischio

Questo è considerato il principio più importante e fondamentale, al punto che le altre due leggi ne discendono.

  • Implicazioni per l’investitore:
    • Consapevolezza del rischio: Ogni volta che si considera un investimento, la domanda chiave da porsi è: “Sono consapevole del rischio implicito e del rendimento atteso da questo investimento?” Se la risposta non è un chiaro sì, è opportuno fermarsi a riflettere.
    • Prezzi e aspettative: Il prezzo di qualsiasi asset è una sintesi del suo rapporto tra rischio percepito e rendimento atteso dal mercato. Se un mercato o un asset è universalmente percepito come “il posto migliore” per investire (ad esempio, l’S&P 500 o il NASDAQ), i prezzi rifletteranno già questa aspettativa, riducendo di conseguenza il rendimento atteso. Non può esistere un asset “più performante a priori” a parità di prezzo e rischio implicito.
    • Valutazioni attraenti“: Quando si parla di “valutazioni attraenti” (prezzi bassi rispetto alla media), ciò significa rendimenti attesi superiori, ma anche un rischio maggiore. Non si tratta di un’opportunità “in saldo” a meno che non si sia in grado di dimostrare che i prezzi sono oggettivamente sbagliati.
  • Errori da evitare:
    • Evitare il rischio in assoluto: Molti investitori non vogliono prendersi rischi, considerandolo un concetto negativo. Tuttavia, il rischio è la “materia prima” di base affinché l’investimento generi rendimenti. Investire bene significa dosare consapevolmente la quantità di rischio da assumere, non eliminarla. La bassa percentuale di investitori in azioni in Italia e altri paesi europei è un esempio di questa avversione al rischio.
    • Pretendere di aggirare il rischio: Cercare strumenti che promettano di cancellare la componente rischiosa salvaguardando quella redditizia è un errore comune. Esempi di strumenti che promettono questo (ma non lo mantengono senza costi) includono:
      • Buffered ETF e Covered Calls: Questi strumenti utilizzano opzioni per promettere una riduzione del rischio o flussi di cassa regolari (premi), ma limitano i guadagni (cap sui guadagni) o comportano costi elevati (premi delle opzioni, costi di gestione), rendendoli “strutturalmente deludenti” secondo studi come quello di Cliff Asness. Non proteggono infinitamente e non migliorano il rendimento complessivo rispetto a una semplice diversificazione (ad esempio, un mix di azioni e obbligazioni).
      • Certificati di investimento: Prodotti bancari che promettono rendimenti certi tramite cedole e protezione verso scenari avversi. La realtà è che il meccanismo premia l’emittente (la banca), che prezza il certificato in modo da renderlo conveniente per sé. Il “risk-adjusted return” per l’investitore sarà mediamente inferiore a quello ottenibile investendo direttamente nel sottostante, a causa dei costi intrinseci.
  • Guida: Se uno strumento sembra violare la prima legge promettendo benefici senza alcun aspetto negativo o assumendo che qualcun altro si accolli i rischi, è probabile che l’investitore stia commettendo un errore o non abbia compreso a pieno i costi e le insidie.

2. Autocorrelazione nel breve termine e regressione verso la media nel lungo termine

Questa legge spiega come gli asset finanziari, in particolare le azioni, si muovono nel tempo.

  • Concetti chiave:
    • Autocorrelazione (momentum): Nel breve termine (tipicamente 1-12 mesi), alcune azioni o mercati tendono a creare dei trend e a continuare a crescere (o scendere). Questo “momentum” è sostenuto da fattori tecnici, fondamentali e psicologici (seguire le mode).
    • Regressione verso la media: Nel lungo termine, gli eccessi di crescita (o di declino) tendono a riequilibrarsi. Un asset che è cresciuto troppo velocemente o è sceso troppo, è portato a tornare verso la sua media storica.
  • Implicazioni per l’investitore:
    • Non farsi abbagliare dalle performance: Evitare di credere che un asset che ha performato molto bene nel breve termine continuerà a farlo indefinitamente, o che debba per forza andare male dopo un periodo di crescita.
    • Strategie di investimento:
      • Ribilanciamento: Sfrutta la regressione verso la media vendendo gli asset “vincenti” (che sono cresciuti) e comprando quelli “perdenti” (che sono scesi), aspettandosi che i loro trend si invertano.
      • Allocazione regionale: Sovrappesare i mercati con valutazioni più basse (es. Europa, Giappone, emergenti) e sottopesare quelli con valutazioni più alte (es. Stati Uniti), anticipando una futura regressione verso la media.
      • Fattorial investing (es. Value): Investire in società considerate “value” (meno apprezzate dal mercato) in attesa che tornino a salire, sfruttando il fatto che tendono a essere sottovalutate. Questa strategia, sebbene potenzialmente redditizia (value premium), è più rischiosa e richiede tempi lunghi.
  • Guida: Avere il cuore del portafoglio allocato su un vasto indice azionario è un buon modo per esporsi a entrambe le forze. Inserire deviazioni sistematiche (come il ribilanciamento o il factor investing) può permettere di sfruttare queste forze a proprio vantaggio, a condizione di essere disposti a sopportare un maggior rischio e avere pazienza.

3. Per ogni acquirente c’è un venditore

Questo principio evidenzia la natura competitiva e a somma zero di ogni transazione finanziaria.

  • Concetti chiave:
    • Ogni volta che si acquista o si vende un asset, dall’altra parte c’è qualcuno con un’opinione opposta sul suo valore o sulle sue prospettive future. L’investitore che compra ritiene che il prezzo sia giusto (o basso) rispetto agli utili futuri, mentre il venditore ritiene il contrario.
  • Implicazioni per l’investitore:
    • Vantaggio dell’investimento a lungo termine e passivo: Un approccio di investimento “long only” a lungo termine (es. “just keep buying”) ha un vantaggio competitivo intrinseco. Molti grandi investitori istituzionali (hedge fund, fondi comuni, family office) hanno obiettivi che li costringono a minimizzare la volatilità o a ridurre i rischi nel breve termine, rendendoli spesso venditori durante i ribassi, mentre gli investitori retail con un orizzonte lungo possono essere compratori.
    • Comprendere il “lato corto” del trade: Il successo di strategie come il factor investing si basa sul fatto che, in media, ci sono più investitori disposti a prendere il “lato corto” (vendere) di certi trade rispetto al “lato lungo” (comprare), il che crea un extra rendimento per chi è disposto ad assumersi quel rischio meno popolare.
    • Dubbi sulle “buone idee”: Ogni volta che un investitore pensa di aver avuto una “buona idea” per un investimento specifico, deve chiedersi: “Ma chi c’è dall’altra parte?”.
  • Guida: Non essere il “fesso” al tavolo. Se qualcuno offre un prodotto finanziario con caratteristiche “speciali” (protezione, maggiore rendimento, minore volatilità) senza apparenti svantaggi, è cruciale chiedersi chi si sta assumendo il “lato negativo” del trade. È raro che la controparte sia “fessa”; più probabilmente, l’investitore sta sbagliando qualcosa, o entrambi sono pienamente consapevoli dei costi e delle opportunità implicite.

 

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