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Le azioni e l’investimento non speculativo

Un’azione è un titolo di credito che rappresenta una quota di proprietà del capitale di una società per azioni (S.p.a.) o di una società in accomandita per azioni (S.a.p.a.).

Mentre il trader lucra sulla differenza tra prezzo d’acquisto e prezzo di vendita di uno strumento finanziario, l’investitore non speculativo che compra azioni per costruirsi una rendita finanziaria spera che nel lungo termine la società produca un flusso soddisfacente di profitti (utili), e soprattutto di poter incassare periodicamente le sue quote di utili distribuibili (c.d. dividendi).

L’acquisto e il possesso di azioni sono per natura attività rischiose, perché a priori non possiamo sapere con certezza (ma solo stimare) né l’andamento nel tempo del prezzo delle azioni (quotazione), né soprattutto se la società produrrà utili soddisfacenti, né in quale misura gli utili distribuibili saranno poi effettivamente distribuiti agli azionisti.

Quando acquisiamo la proprietà di azioni, assumiamo la qualità di azionisti della società (soci), e dunque subiamo sia il rischio d’impresa relativo all’attività sociale sia il rischio di mercato dovuto alle variazioni di prezzo delle azioni nel tempo.

Per questi motivi, prima di considerare l’acquisto di azioni di una determinata società (e naturalmente durante il periodo di possesso delle azioni) l’investitore dovrebbe valutare attentamente tutta la documentazione contabile disponibile (stati patrimoniali, conti economici, note integrative, etc.), insieme a tutte le informazioni disponibili sull’attività sociale e sul relativo mercato dell’economia reale, oltre che le informazioni relative al mercato finanziario di quotazione.

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Le azioni come mezzo di protezione del capitale

Per potersi costruire una rendita finanziaria, è importante anzitutto proteggere il proprio capitale (come insegna l’esperienza dei migliori investitori).

Il capitale dell’investitore è realmente tutelato solo se:

  1. si scelgono investimenti a responsabilità patrimoniale limitata (il cui eventuale cattivo andamento cioè non pregiudichi l’intero patrimonio dell’investitore ma sia limitato al capitale investito nel singolo progetto)
  2. in caso d’investimento in una società, se essa è soggetta ad un livello adeguato di obblighi e controlli

Dunque se scegliamo d’investire denaro in una società per crearci una rendita finanziaria, la cosa più logica è acquistare azioni di una società di capitali (ma non divenire socio accomandatario di una S.a.p.a., perché illimitatamente responsabile dei debiti sociali).

Le azioni di società quotate, paragonate alle azioni di società non quotate

Le azioni delle società per azioni quotate sui mercati regolamentati (cioè in Borsa) sono il tipo d’investimento societario più sensato e tutelato in assoluto (benché rischioso), e quello su cui come azionisti dovremmo concentrare al massimo la nostra attenzione. Infatti, le società quotate sono molto più sorvegliate dalle autorità competenti, in quanto tali società devono rispettare un maggior numero di obblighi e requisiti rispetto alle società non quotate.

Superati rigorosi controlli, una società per azioni che soddisfi i numerosi requisiti necessari può quotarsi in Borsa con una IPO (initial public offering, offerta pubblica iniziale) sul mercato primario, vendendo (tramite una banca che gestisca la documentazione e la procedura) le sue prime azioni ai primi sottoscrittori, dai quali riceverà così denaro a titolo di capitale di rischio per finanziare la propria attività.

Le compravendite successive delle azioni già vendute sul mercato primario avverranno sul mercato secondario tra acquirenti e venditori. Le quotazioni del titolo saranno calcolate – e varieranno – seguendo la legge della domanda e dell’offerta.

Le azioni di società quotate sono acquistabili e vendibili istantaneamente sui mercati regolamentati (ormai telematici), salvo eventuali limitazioni eccezionali e temporanee deliberate dalla competente Autorità vigilante (CONSOB per l’Italia) in caso di necessità. L’acquisto e la vendita avvengono tramite intermediario finanziario abilitato, cioè mediante la banca o SIM (società d’intermediazione mobiliare) presso cui il cliente ha il proprio conto titoli.

Per contro, le azioni di società non quotate sono negoziate su mercati non regolamentati, e dunque per la negoziazione bisogna rivolgersi a intermediari finanziari che agiscono da market maker raccogliendo preventivamente proposte di acquisto e di vendita per quelle azioni. In altre parole, per le azioni di società non quotate non sono affatto garantiti né l’acquisto né la vendita alle condizioni di prezzo, quantità e tempo da noi desiderate.

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I dividendi: formazione e distribuzione

Alla fine di un periodo amministrativo di una società (solitamente coincidente con l’anno solare), il risultato economico della gestione può essere: una perdita, un pareggio di bilancio oppure (come ci si auspica) un profitto (utile).

Non tutti gli eventuali utili realizzati da una società sono distribuibili. I dividendi sono la parte di utili distribuiti da una società ai propri azionisti come remunerazione del capitale da loro investito.

Sono distribuibili agli azionisti solo la parte di utili realmente conseguiti residuante dopo gli accantonamenti a riserva previsti dalla legge – e se previsti, dallo statuto della società o comunque approvati dall’assemblea dei soci.

Gli amministratori hanno il potere formale di decidere se, quando, quanto e come distribuire dividendi agli azionisti, in base alle possibilità e necessità della società. Di fatto, l’assemblea ordinaria dei soci può ratificare o meno le loro scelte in tema di dividendi, in sede di approvazione del bilancio.

L’assemblea dei soci può deliberare la distribuzione di due tipi di dividendi. Il dividendo c.d. normale viene distribuito con periodica regolarità, mentre un dividendo c.d. straordinario può talvolta essere distribuito, senza nessuna regolarità, in particolari occasioni.

Inoltre, in Italia eventuali acconti su dividendi possono essere distribuiti solo da società obbligate a revisione contabile e unicamente se sono rispettati i rigorosi requisiti di legge.

Le politiche di distribuzione dei dividendi

Ogni società può scegliere se distribuire o meno dividendi agli azionisti.

Esistono quattro tipi principali di politica dei dividendi che una società può seguire qualora voglia distribuire dividendi ai suoi azionisti.

La “politica del dividendo stabile” mira a distribuire regolarmente i dividendi in ogni periodo (a prescindere dall’andamento dell’attività), i quali tendono ad oscillare entro un valore minimo e un valore massimo. Per stabilizzare il flusso in uscita dei dividendi, è necessario accantonare a riserva parte degli utili negli anni positivi, così che i normali dividendi possano essere distribuiti anche durante gli anni negativi.

Questa politica è seguita da tante grandi società e favorisce al massimo l’azionista, che vedendo la stabilità dei propri dividendi sarà incentivato a rimanere azionista della società.

La “politica del dividendo residuale” significa che la società distribuisce agli azionisti interamente eventuali utili in eccesso, quando li realizza. Questa politica però può lasciare l’azionista senza dividendi nei periodi in cui vi siano risultati economici negativi (perdite).

La “politica del dividendo percentuale” è più prudente della precedente e distribuisce come dividendi solo una percentuale degli utili d’esercizio distribuibili, lasciando il resto delle risorse a disposizione delle necessità della società.

La “politica del dividendo progressivo” mira a distribuire un dividendo che cresca gradualmente nel tempo, calcolato in base alle stime sugli utili a lungo termine.

Forme di dividendo

I dividendi sono molto spesso distribuiti sotto forma di contanti (cash dividend), cioè con accredito di denaro sui conti tenuti dagli azionisti presso i loro intermediari abilitati (banche e SIM).

Tuttavia, a volte può essere deliberata una distribuzione di dividendi in forma di azioni (stock dividend), cioè con aumento gratuito di capitale sociale tramite emissione di nuove azioni, da assegnare ai singoli azionisti gratuitamente e in proporzione al numero di azioni da essi già possedute (ad esempio, 1 nuova azione ogni 10 azioni vecchie possedute).

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Il pagamento dei dividendi da parte di una società

Nelle società che distribuiscono dividendi, questi possono essere pagati agli azionisti con periodicità: annuale (così in molte società italiane), oppure semestrale, oppure trimestrale (così in molte società americane) o in taluni casi addirittura mensile.

Le società pagano i dividendi agli azionisti non nel giorno di maturazione dei dividendi, detto data di “stacco” (ex [dividend] date), bensì nella data scelta per la distribuzione dei dividendi (pay date, che di solito cade entro i tre giorni lavorativi successivi alla data di “stacco” per le azioni italiane e può essere in data successiva nel caso di azioni estere).

Il calendario delle date di “stacco” dei dividendi e delle date di pagamento dei dividendi delle società quotate su Piazza Affari è pubblicato nella sezione apposita del sito Internet ufficiale della Borsa italiana. In molti casi, le date possono essere conosciute anche visitando i siti web delle società in questione e i siti finanziari specializzati.

L’incasso dei dividendi da parte dell’azionista

Per incassare i dividendi azionari, l’azionista deve possedere le azioni della società fino all’apertura della seduta di borsa del giorno in cui matura il diritto ai dividendi del periodo (giorno di “stacco” dei dividendi o ex date). Solo dopo tale apertura, l’azionista potrà vendere le sue azioni senza perdere il diritto ad incassare i dividendi, mentre l’acquirente maturerà il diritto ad incassare i dividendi solo alla data di “stacco” successiva.

I dividendi spettanti al singolo azionista si ottengono moltiplicando il DPS (dividend per share), cioè il dividendo spettante alla singola azione, per il numero di azioni possedute in portafoglio alla data di “stacco” dei dividendi.

Se distribuiti in contante, i dividendi – al netto delle ritenute fiscali alla fonte, ove applicabili – sono accreditati all’azionista, proporzionalmente al numero di azioni possedute al tempo del giorno di “stacco” dei dividendi, sul proprio conto dalla propria banca o SIM intermediaria.

Ti consigliamo di consultare il calendario dividendi del sito di Borsa Italiana da QUI.

Relazioni tra quotazione azionaria e dividendo

Il valore di un’azione sul mercato (quotazione) si dice “con rateo” (corso tel quel), perché il prezzo include il rateo dividendo maturato fino al momento presente. Per la quotazione è fondamentale l’avvicinarsi della data di maturazione del dividendo (ex date), mentre la data di distribuzione dei dividendi (pay date) non influenza la quotazione. Si viene dunque a creare un vero e proprio “effetto dividendo” sul valore dell’azione, che spieghiamo come segue.

In sintesi, com’è logico, la quotazione di un’azione tende a salire gradualmente man mano che si avvicina la data di “stacco” del dividendo. Subito dopo lo “stacco” del dividendo, la quotazione di un’azione scende approssimativamente dell’importo pari al dividendo maturato, raggiungendo la quotazione definita ex dividendo (senza dividendo o corso secco).

In sostanza, poiché la quotazione dell’azione risente della vicinanza della data dello “stacco” dei dividendi (tendenzialmente aumentando all’avvicinarsi della ex date), per l’acquirente non c’è sostanzialmente nessuna convenienza a comprare un’azione pochi giorni prima dello “stacco” solo per incassare il dividendo.

Tuttavia, chi acquista le azioni nel giorno dello “stacco” potrà godere di un prezzo d’acquisto più basso – la quotazione “ex dividendo” – e dunque può essere in grado di acquistare un maggior numero di azioni, oltre al fatto che così facendo di fatto il privato azionista può rinviare alla data di pagamento del dividendo successivo il momento in cui dovrà subire la tassazione.

La tassazione dei dividendi

La tassazione dei dividendi in Italia avviene secondo il principio di cassa, cioè al momento dell’incasso effettivo dei dividendi da parte dell’azionista (dunque né nel giorno della loro maturazione, né nel giorno in cui la distribuzione è stata deliberata). Attualmente, la situazione è la seguente.

Sono imponibili in Italia i dividendi azionari erogati da una società residente in Italia oppure non residente ma con stabile organizzazione in Italia.

Sono imponibili in Italia altresì i dividendi azionari erogati da una società non residente in Italia, se il soggetto percipiente è residente in Italia oppure la stabile organizzazione di una società non residente.

Il tipo di tassazione subita dai dividendi in Italia dipenderà dal tipo di soggetto percipiente.

Per i privati (persone fisiche non imprenditori), il dividendo è considerato reddito di capitale e si applica un’imposta del 26%, calcolata sul 100% della base imponibile per azioni italiane o sull’importo c.d. “netto frontiera” per azioni estere che abbiano già subito una ritenuta fiscale all’estero. Se l’imposta è trattenuta e versata per il privato da una società residente in Italia, allora il privato percepirà l’importo netto sul suo conto e non sarà obbligato ad inserire questi redditi nella dichiarazione dei redditi (730 o Unico).

Se l’azionista è una impresa individuale o una società di persone, invece, il dividendo è considerato reddito d’impresa perciò le persone fisiche che operano in tale forma non subiranno ritenuta alla fonte bensì una tassazione secondo le normali aliquote IRPEF, calcolate però sul 58,14% della normale base imponibile.

Anche i dividendi percepiti da una società di capitali vengono considerati reddito d’impresa. La società non subirà una ritenuta alla fonte, bensì subirà una tassazione IRES, la quale però (se la società non risiede in Paese black list) sarà calcolata sul solo 5% della normale base imponibile (e dunque il 95% della base imponibile sarà esonerato da tassazione, di fatto causando l’applicazione di un’aliquota fiscale effettiva dell’1,2% (0,24 x 0,05) sull’importo dei dividendi: un regime fiscale estremamente favorevole!).

In caso di doppia imposizione (estera ed italiana), per rimediare occorre ove esistente applicare la competente Convenzione contro la doppia imposizione fra i due Paesi tra cui avviene il movimento di denaro con cui vengono pagati i dividendi, o comunque bisogna applicare quanto disposto dalle norme dei due Paesi. Laddove vi siano i presupposti, per evitare la doppia imposizione può essere applicato il metodo dell’esenzione.

Il rendimento da dividendi

Il rendimento da dividendi, o dividend yield, è un tasso percentuale definibile come il rapporto ottenuto effettuando una divisione tra il già citato DPS (dividend per share), o dividendo unitario (cioè spettante alla singola azione) alla fine del periodo, e il prezzo dell’azione stessa alla fine del periodo.

Si può calcolare con precisione solo quando conosciamo l’ammontare esatto del dividendo, viceversa dovremo fare una stima basandoci su un dividendo presunto.

Un’azione ha rendimento variabile proprio perché a parità di dividendo, per via del sopra citato effetto dividendo il tasso effettivo di rendimento tende a salire con il calo della quotazione dell’azione, e a scendere all’aumentare della quotazione.

A questo punto, pare logico considerare i problemi che sorgono nel comparare fra loro i rendimenti da dividendi delle varie società, problemi dovuti al fatto che non tutte le società distribuiscono dividendi con la stessa periodicità e regolarità.

Per stabilire se i rendimenti da dividendi di due società che pagano con diversa cadenza temporale siano equivalenti (es. se il dividendo annuale dell’azione A equivalga al dividendo semestrale dell’azione B), bisognerà calcolare il tasso di rendimento annuale laddove necessario.

Secondo la matematica finanziaria, due tassi (es. tasso annuale A e tasso semestrale B) sono equivalenti se a parità di capitale C e tempo T producono lo stesso montante M. Dunque, in caso contrario il rendimento da dividendi di una società sarà più alto del rendimento da dividendi dell’altra società.

I dividendi nell’ottica dell’investimento non speculativo

Per l’investitore non speculativo, a parità di rischio è razionale cercare di possedere azioni di società quotate che forniscano regolarmente i dividendi con il più alto tasso di rendimento possibile. Questo tipo di investitore dunque non dovrebbe possedere azioni di società note per non distribuire dividendi.

Su questo tema, giova ricordare che nei settori economici in crescita, e ovviamente durante i periodi di crisi (come il periodo del COVID-19), per evitare di ricorrere a forme più onerose di finanziamento, molte società possono decidere di ridurre la distribuzione di dividendi agli azionisti o addirittura di non distribuirli. Per contro, le probabilità di distribuzione di dividendi aumentano nei settori economici maturi e durante i periodi economici favorevoli.

Per la costruzione e gestione ottimale del proprio portafoglio azionario, è dunque importante non solo conoscere bene l’andamento delle attività economiche svolte dalle società di cui siamo o potremmo diventare azionisti, ma anche le già citate politiche societarie in tema di distribuzione dei dividendi.

E laddove il rendimento delle azioni del mercato nazionale non dovesse soddisfarci, è necessario allargare i propri orizzonti e tenere d’occhio i mercati esteri per scorgere le opportunità di azionariato ivi presenti.

In conclusione

Costruirsi una rendita finanziaria mediante le azioni non è propriamente una cosa facile, in quanto bisogna studiare molte nozioni e molti documenti, e occorre tenersi sempre aggiornati sull’andamento delle attività delle società partecipate e sui mercati finanziari di riferimento.

Per percepire redditi finanziari degni di nota, inoltre, è necessario investire notevoli capitali, che occorre essere disposti a rischiare. Per ridurre il rischio complessivo, occorre diversificare gli investimenti nel modo giusto.

Chi è capitalizzato, paziente ed abile nel proprio lavoro di azionista informato, nel lungo termine sicuramente potrà mietere frutti interessanti.

Chi invece pensasse che investire in azioni sia troppo complicato, potrebbe sempre trarre profitto dalle fluttuazioni di prezzo delle azioni come trader, magari valutando (dopo un adeguato periodo di studio teorico) l’apertura di un conto trading presso un broker serio, ad esempio presso XM che offre i contratti CFD su azioni ed indici azionari (oltre che su molti altri strumenti finanziari).

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